OPERE 1960-2006
PELIZZATTI
libroSONDRIO, ottobre 2011
libro pubblicato in occasione della personale di maggio,reperibile presso la famiglia
serata GEA/BANDIERA DELLA PACE-Sala Vitali-Sondrio
ACCADEMIA ARTE di Graziano Tognini
PREMESSA
Tra gli anni ’50 e ’60, la provincia di Sondrio è ancora un territorio
marginale, non solo geograficamente.
Eppure le arti visive attraversano un periodo di insolito dinamismo
creativo.
Artisti di indubbio talento, quali Livio Benetti, Giuseppe
Bianca, Geremia Fumagalli, Paolo Giunio Guerrini, Angelo
Vaninetti, Walter Vedrini, vivono in Valtellina e attingono,
dal suo variegato ambiente, linfa vitale per le loro opere.1
Superando l'individualismo valligiano e la frequente indisponibilità
degli artisti a confrontarsi, le compongono in
mostre collettive. I più significativi edifici dell’architettura
contemporanea (il Palazzo del Governo di Giovanni
Muzio, l'edificio della Camera di Commercio di Ico Parisi)
le ospitano in prestigiose sale espositive.
Si organizzano concorsi artistici che ancora ricordiamo
per la loro rilevanza. 2
Enti “illuminati”, quali la Camera di Commercio, promuovono
l’arte ed anche la critica d’arte.
Istituti di Credito addirittura contestualizzano, nel territorio
di Valtellina e Valchiavenna, opere di grandi artisti
italiani attraverso un evento di portata storica. 3
Minuscole, ma qualificate gallerie private ospitano esposizioni
di rilievo. 4
Poi, questo clima, che aveva portato gli artisti persino a riunirsi
in sindacato o in associazioni, gradualmente si stempera.
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UNO SGUARDO AL PERCORSO ARTISTICO
DI ELIO PELIZZATTI
Elio Pelizzatti si affaccia all’arte degli anni ’60.
E' incerto tra architettura e pittura. Sceglie – o deve scegliere
– quest’ultima (tuttavia, il desiderio di architettura
si rivelerà sempre, persino nelle opere meno strutturate
compositivamente).
È giovanissimo. Avverte che in Valtellina, in quegli anni il
clima artistico è, singolarmente, favorevole.
Ma è inquieto e già cerca una sua via. Non cerca però la più
breve, né un’ambigua immediata autonomia espressiva.
Nonostante un carattere chiuso (apparentemente) è culturalmente
aperto.
Ed Elio Pelizzatti costruisce la sua identità artistica aprendosi
alla lezione dei maestri contemporanei – prima francesi
poi italiani - scoprendo il messaggio innovativo anche
di quelli allora meno celebrati.
Dichiara, senza timore, di esserne influenzato. Accetta,
accoglie le loro “contaminazioni”, mostrandone peraltro
la fertilità.
Per avvicinarsi maggiormente a queste fonti, cambia clima.
Soggiorna, dal 1961 al 1964, a Parigi.
Poi ritorna in Valtellina. Frequenta però l’ambiente artistico
milanese, accostandosi ai pittori più sensibili alle problematiche
esistenziali.
In quegli anni ricerca, scava in profondità per svelare quella
inquietudine e quei drammi che si celano nella scena
quotidiana.
A Sondrio e Talamona, dal 6 maggio, mostre a ricordo del pittore sondriese
Un artista che ha sperimentato
ogni modalità espressiva
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La Voce dell’Accademia del Pizzocchero di Teglio 01/2011
ACCADEMIA ARTE
Percorre la stessa rotta seguita dai pittori – soprattutto
milanesi – protagonisti del cosiddetto “realismo esistenziale”
(giuseppe Banchieri, Gianfranco Ferroni, Giovani
Cappelli) trattando, a volte, i loro stessi temi (il tema dei
“rifiuti”, ad esempio).
Ora i suoi paesaggi sono più vicini alle periferie degradate,
corrose, di Vespignani che ai colori acquerellati di una natura
ancora intatta.
Gli interni desolati non appartengono al mondo rurale,
ma a quello urbano. Le sue tematiche, scomode, non di rado
inquietanti, sono, apparentemente, estranee al contesto
valtellinese. Un realismo, spesso graffiante e dagli esiti
formali tutt’altro che scontati, ha caratterizzato per lungo
tempo l'intensità della sua pittura (ma per lungo tempo
non ha favorito sbocchi commerciali facili).
Nel percorso pittorico di Elio Pelizzatti non si rintracciano
pause informali.
L’astrazione sembra invece attraversarlo quando la vicinanza
con l'arte di Alberto Giacometti si fa più intensa.
La forma tende a scomparire. La figura si allontana dalla
scena. L'immagine si astrae. Ma solo per lasciare il posto alla
sua essenza o alle tracce della sua memoria.
Poi ricompare con l'impatto della “Nuova Figurazione”.
RITORNO AL PAESAGGIO VALTELLINESE
Negli ultimi anni, la pittura di Elio Pelizzatti si ricongiunge
con il territorio valtellinese.
Il paesaggio delle valli riappare in forme e in colori talvolta
quasi idilliaci. Però, anche negli scorci dipinti dai colori dell’estate
o dall’algida luce dell’inverno, assieme all'incanto
della natura, affiora una soffusa malinconia.
Nelle opere più recenti - un ciclo che avrebbe voluto concludere
come un vasto affresco dell’alta montagna (dei
gruppi del Bernina, del Disgrazia, del Badile) - il suo “realismo”
pare giungere, per l’esecuzione minuziosa, per la
scrupolosa attenzione al particolare, in prossimità
dell’”iperrealismo”.
Eppure quelle vette - astratte nonostante la loro imponente
corporeità - la solitudine dei loro silenzi, il biancore accecante
dei ghiacciai, conducono ai confini dell’invisibile.
LE TECNICHE, I GENERI IN ELIO PELLIZZATTI
Nella sua ricerca, inquieta ma sistematica, Elio Pelizzatti ha
sostanzialmente sperimentato ogni modalità espressiva:
dalla pittura ad olio al pastello, dal disegno alla grafica seriale
(tecnica, quest’ultima nella quale è stato, in Valtellina,
antesignano, mostrando nel contempo una scrupolosa e
raffinata maestria).
La sua produzione artistica, di ampio respiro ed anche
quantitativamente rilevante, si è cimentata con tutti i generi
della pittura: la figura - a volte il ritratto - il paesaggio,
la natura morta.
Li ha affrontati cercando non solo l’espressività più profonda,
ma soprattutto le loro relazioni.
Spesso, infatti, ha sviluppato le varie tematiche con originalità
compositiva e concettuale, riunendole o, viceversa,
dilatandole.
La figura solitamente non compare isolata. Entra nella scena
degli “interni” ma anche degli “esterni”.
Appare raccolta, avviluppata nelle forme dei personaggi
celati nella loro ombra. Traspare da sembianze ancora
umane, ma prossime a dissolversi, che attraversano lievemente
– talvolta parrebbe solo con la trasparenza della loro
anima – paesaggi spaesati.
Oppure entra nitida nel paesaggio, negli interni, nella stessa
natura morta, attraverso il luminoso incarnato – dipinto
o inciso – di nudi sensuali.
Elio Pelizzatti non considera la natura morta un genere minore
(rispetto al paesaggio, alla figura). Non circoscrive gli
oggetti nell’apparenza dell’immagine o nella loro staticità.
Raduna le loro forme, o i brandelli delle loro forme, per ricomporre
identità smarrite.
I loro colori accesi – ma anche forme spente, erose – pervadono
l’intero spazio di interni svuotati persino dal silenzio.
Trabordano. Non c’è più soglia tra “interno ed “esterno”.
Riversano la loro vivacità cromatica (o ciò che rimane
delle loro sembianze) in paesaggi trapassati da mutazioni
aggressive, dipinti dall’ombra o dal colore gelido della
fluorescenza.
Oppure, come nelle opere più recenti, sconfinano nel paesaggio
per cogliere il bagliore di una natura che sempre rinasce.
Elio Pelizzatti, in alcune occasioni, ha affrontato anche il
tema dell’arte sacra, cogliendo nel dolore della “via crucis”
la coincidenza con la sofferenza umana.
Ma soprattutto ha dedicato la sua narrazione pittorica al
quotidiano, cercando – consciamente o meno – “il sacro
nel quotidiano”. Proprio come Alberto Giacometti.
Note
1) Qui si evidenziano solo gli artisti che ebbero più intense relazioni
con Elio Pelizzatti. Ma altri pittori, quali Adolfo Greco, Goffredo
Minocchi, Vittoria Quadrio Personeni, Renzo Sala, Giuseppe Zecca,
animarono, con la loro presenza più o meno costante, la scena artistica
valtellinese.
2) Si ricorda il “Premio città di Sondrio” del 1961 vinto da una giovane
scultrice di origini valtellinesi con la solare opera “Solstizio
d'Estate”. Lydia Silvestri avrà poi un luminoso percorso artistico.
3) Si allude a “14 pittori in Valtellina e Valchiavenna” la splendida raccolta,
promossa dalla Banca Popolare di Sondrio che radunò, nel
1961, opere di: Giuseppe Ajmone, Domenico Cantatore, Carlo Carrà,
Bruno Cassinari, Umberto Lilloni, Francesco Menzio, Giuseppe
Migneco, Ennio Morlotti, Aligi Sassu, Adriano Spilimbergo, Orfeo
Tamburi, Fiorenzo Tomea, Italo Valenti, Giuseppe Zigaina.
4) La galleria degli architetti Maspes, Romegialli, ad esempio.
5) Affiorerà più tardi, agli inizi degli anni ‘70, negli spazi di una galleria
voluta da un altro architetto - Piercarlo Stefanelli - sensibile ai temi
dell'arte. Ma, alla fine degli anni ‘7O l'innovativa “Galleria Indica”